14/01/2018

II DOMENICA DOPO L’EPIFANIA-  

QUESTO A CANA DI GALILEA, FU L’INIZIO DEI SEGNI COMPIUTI DA GESU’ – 

Anno B – Rito Ambrosiano

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COMMENTO AL VANGELO di:

 ALBERTO MAGGI osm- Centro studi biblici di Montefano 

 L. MANICARDI  priore Monastero di Bose

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  1. ALBERTO MAGGI osm –  – Commento al VangeloGv 2,1-12

Verso la fine del prologo al suo vangelo, Giovanni che La legge fu data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità, espressione che indica l’amore fedele di Dio, vennero per mezzo di Gesù. Quindi l’evangelista annunzia un cambio di alleanza. Mosè, il servo del Signore, aveva imposto un’alleanza tra dei servi e il loro Signore, basata sull’obbedienza alla sua legge. Gesù, che non è il servo di Dio, ma il figlio di Dio, proporrà una nuova alleanza tra dei figli e il loro Padre, basata sull’accoglienza e somiglianza del suo amore.

Con Gesù il credente non è più colui che obbedisce a Dio osservando le sue leggi, ma colui che assomiglia al Padre accogliendo e praticando un amore simile al suo.

Nel brano che adesso esaminiamo, il capitolo 2 di Giovanni, l’evangelista annunzia questa nuova alleanza. Il terzo giorno, è importante questa indicazione perché rappresenta il giorno dell’alleanza sul monte Sinai, il giorno nel quale Dio si manifesta attraverso la legge.

Vi fu una festa di nozze. L’alleanza tra Dio e il suo popolo era raffigurata dai profeti con l’immagine nuziale, Dio era lo sposo e il popolo era la sposa. A Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù. La madre di Gesù appartiene a questa alleanza, Gesù no. Gesù viene invitato. Infatti, Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino. Elemento caratteristico importante delle nozze è il vino.

Il momento importante del matrimonio è quello in cui lo sposo e la sposa bevono allo stesso calice di vino, e il vino rappresenta l’amore tra gli sposi, come si può vedere nel Cantico dei Cantici. Ebbene in questo matrimonio manca l’elemento più importante, manca il vino, manca l’amore. La madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. La madre, che rappresenta l’Israele fedele, non dice “Non abbiamo vino”, ma dice: “Non hanno vino”.

La madre crede che il messia, il Cristo, voglia dare nuova vita all’antica alleanza e quindi lo invita ad agire. E Gesù le rispose: “Donna …”

Un figlio non si rivolge mai alla madre con questo appellativo “Donna”, che significa moglie, donna sposata. Gesù nel vangelo di Giovanni si rivolge con questo appellativo a tre donne che rappresentano le tre spose di Dio. Alla madre, che rappresenta la sposa sempre fedele, alla Samaritana, la sposa adultera che lo sposo ha recuperato con un’offerta di un amore ancora più grande, e infine Maria di Magdala, che rappresenta la sposa della nuova comunità.

“Donna che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Gesù indica alla madre la necessità di lasciare da parte il passato. L’opera di Gesù non si appoggia sulle vecchie istituzioni, ma apporta una radicale novità nei rapporti tra Dio e l’uomo, che non può essere contemplata nell’antica alleanza.

E comunque l’ora di Gesù sarà l’ora della morte. Sulla croce verrà sancita questa nuova alleanza. Sua madre disse ai servitori, e qui l’evangelista ricalca nelle parole della madre quanto il popolo disse a Mosè in vista dell’annuncio dell’alleanza. Il popolo aveva detto: “Quanto il Signore ha detto noi lo faremo” e la madre dice ai servitori: “Qualunque cosa vi dica, fatela”.

Al centro del brano c’è il motivo che spiega perché manca il vino, perché manca l’amore. Vi erano là sei anfore, il numero sei indica ciò che è incompleto, di pietra, come le tavole della legge, per la purificazione dei Giudei. Se l’alleanza tra Dio e il popolo era basata sull’osservanza di leggi, di precetti, accadeva che questo creasse solo sensi di colpa nelle persone che non riuscivano ad adempiere, in chi non osservava e non riusciva a praticare tutti i dettami della legge.

Questo li faceva sentire sempre indegni. In una relazione con Dio nella quale l’uomo si sente sempre colpevole, sempre indegno, sempre con sensi crescenti di inadeguatezza, come può questi sperimentare l’amore di Dio?

fonte : Centro Studi Biblici Montefano

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  1. L. MANICARDI  priore Monastero di Bose 

 GV 2,1-12,

Prima lettura e vangelo presentano la simbolica nuziale quale cifra dell’incontro tra Dio e l’umanità. In particolare, la celebrazione delle nozze è immagine che allude all’alleanza tra Dio e il suo popolo.
Il testo evangelico non è un resoconto cronachistico e neppure un racconto di miracolo, ma una narrazione simbolica con significati cristologici e teologici importanti che ruotano attorno alla dinamica di continuità e novità dell’alleanza. Il testo di Isaia intravede la rinascita di Gerusalemme, dopo le spogliazioni e distruzioni subite agli inizi del VI secolo, come restaurazione di una relazione sponsale: l’alleanza che sembrava definitivamente infranta viene ricomposta. Già l’Antico Testamento attesta rotture e rinnovamenti dell’alleanza. È la storia tribolata dell’amore di Dio per il suo popolo.

Situate al “terzo giorno” (Gv 2,1), le nozze di Cana sono ripresa del passato, in quanto memoria dell’alleanza sinaitica avvenuta “il terzo giorno” (Es 19,10-11.16), e anticipazione del futuro, in quanto profezia della resurrezione che avverrà “il terzo giorno” (1Cor 15,4). Al centro di questa economia del tempo della salvezza è “l’ora” di Gesù (Gv 2,4), il momento dell’innalzamento che è anche il culmine della rivelazione della gloria di Dio. Simbolo dei tempi messianici e della rivelazione, il vino che Gesù dona è tratto dall’acqua contenuta nelle giare per la purificazione dei Giudei. Questo vino buono non è senza quell’acqua. La novità che Gesù porta si innesta nella continuità con l’alleanza stretta da Dio con il popolo d’Israele.

Scrive Tommaso d’Aquino: “Se Gesù non ha voluto fare del vino partendo dal nulla, ma a partire dall’acqua, è per mostrare che egli non veniva assolutamente per fondare una nuova dottrina e rigettare l’antica, ma per compierla”. Anche il cristiano non possiede quel vino, ma lo può ricevere ogni giorno dalla parola di Gesù che trasforma l’acqua versata nelle giare d’Israele. La compresenza dell’Antico e del Nuovo Testamento nella liturgia della Parola all’interno dell’Eucaristia esprime il fatto che la Parola di Dio emerge dall’incontro e dal dialogo, presieduto e sempre rinnovato dallo Spirito, tra parola veterotestamentaria e parola neotestamentaria, in una dialettica di novità nella continuità.

Maria, già presente alle nozze prima che giunga Gesù con i suoi discepoli (cf. Gv 2,1-2), è simbolo dell’Israele fedele da cui viene il Messia, della Figlia di Sion (nell’Antico Testamento spesso personificata in una donna) chiamata a riconoscere il compimento dell’alleanza e l’instaurazione del tempo messianico della salvezza. Così le sue parole a Gesù (“Non hanno più vino”) non sono una richiesta di miracolo e le sue parole ai servi (“Fate quello che vi dirà”) non sono una mediazione: semplicemente, mostrano Maria nella sua totale disponibilità all’obbedienza quale figura dell’Israele che accoglie le condizioni ancora sconosciute della nuova e definitiva alleanza che Dio stringe in Gesù Cristo.

“Fate quello che Gesù vi dirà” (Gv 2,5): sono le ultime parole della madre di Gesù nel quarto vangelo e, in quanto tali, suonano quasi come un testamento spirituale, acquistando il valore di lascito per ogni lettore futuro del vangelo e per ogni credente. Maria non ha un messaggio suo, ma rinvia sempre alle parole di Gesù, “l’unico mediatore tra Dio e gli uomini” (1Tm 2,5), il Verbo fatto carne, la rivelazione definitiva di Dio agli uomini.
L’immagine delle nozze, connessa a quella dell’abbondanza (e della qualità) del vino riprendono immagini dell’abbondanza e della gioia dei tempi messianici (cf. Is 25,6; Am 9,13-14) e divengono anticipazione e profezia della festa escatologica. L’Apocalisse evoca la salvezza escatologica con le immagini del banchetto delle nozze dell’Agnello, della Gerusalemme nuova pronta come una sposa per il suo sposo (cf. Ap 19,7-9; 21,2). Il cibo e l’amore, elementi che dicono bisogni fondamentali della creatura umana, trasposti sul piano escatologico, trasfigurano il bisogno in desiderio e alimentano l’anelito di salvezza, di vita piena e di comunione con Dio di ogni uomo.

Fonte: monasterodibose