18/06/2017

SECONDA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 AMATE I VOSTRI NEMICI –

  Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi OSM

 Mt 5, 2 – 43-48

 

Può sembrare scoraggiante l’invito che Gesù fa e che leggiamo nel vangelo di Matteo: “Siate perfetti come è il Padre vostro perfetto”, perché noi pensiamo subito alla perfezione di Dio, con tutto quello che immaginiamo, di potenza di grandezza di Dio.

Vediamo invece cosa intende l’evangelista con questo invito alla perfezione. Il vangelo che commentiamo è il capitolo 5 di Matteo, dal versetto 38. Gesù continua a prendere le distanze dalla legislazione di Mosè per presentare un’alternativa di società e un modo nuovo per rapportarsi con il Signore. E dice Gesù: «Avete inteso che fu detto: ‘ Occhio per occhio e dente per dente’».

Questa legislazione di Mosè in realtà fu un grande passo avanti in quello che riguardava la gestione della vendetta che prima era illimitata. E’ famoso nella Bibbia il vanto di Lamec, che troviamo nel libro del Genesi, capitolo 4 versetto 24, dove Lamec si lamenta e dice: “Ho ucciso un uomo per una mia scalfitura e un ragazzo per un mio livido”.

 

Quindi la vendetta era illimitata. Mosè invece ha cercato di mettere un limite, occhio per occhio, dente per dente. Ebbene Gesù prende le distanze da questo e chiede di fare un passo in avanti. «Ma io vi dico: ‘Non opporvi al malvagio’»”. Non significa questo invito di Gesù ad essere delle persone passive che accettano ogni prepotenza. Il cristiano non è questo, anzi. Ma significa spezzare il cerchio della violenza, proporre iniziative di bene, di amore e di pace, che disinneschino questo odio e questa violenza che si abbattono su di te.

Per questo quando Gesù dice «Se uno di da uno schiaffo sulla guancia destra tu porgigli anche l’altra»”, non significa passare da stupidi. Gesù non ci chiede di essere stupidi, tonti, ma buoni fino in fondo. Di fatto l’unica volta nel vangelo di Giovanni che Gesù prende uno schiaffo, mica ha presentato l’altra guancia, ma ha detto: “Se ho sbagliato mostrami dove ho sbagliato, se non ho sbagliato perché questa violenza?”

 

Quindi Gesù invita a non opporre alla violenza che viene addosso altra violenza, altrimenti questa cresce e poi dopo diventa un crescendo interminabile di violenza che genera altra violenza. Per questo Gesù non chiede – ripeto – di essere tonti, ma di essere buoni, di disinnescare la violenza con proposte di bene ancora maggiore.

Il credente è colui che, di fronte alla violenza dell’altro, gli fa comprendere: “Guarda la tua capacità di volermi fare del male non sarà mai così grande come la mia di volerti e farti del bene”. Questo è l’invito di Gesù.

Poi Gesù passa a toccare uno dei piedistalli della spiritualità ebraica, «Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo …’»”, l’amore la prossimo era un amore limitato, perché arrivava fino a dove esisteva il concetto di prossimo, che era molto relativo.

Il concetto più stretto significava colui che appartiene al mio clan familiare, un po’ più largo a quello della mia tribù, un po’ più largo ancora alla nazione di Israele, ma non di più. Quindi era un amore che aveva dei limiti. “«’E odierai il tuo nemico’»”. L’odio al nemico era anormale in questa società, ma soprattutto era giustificato dall’odio che Dio aveva per i peccatori. E’ tipico il canto del salmista nel salmo 139, versetti 21-22 dove dice: “Quanto odio Signore quelli che ti odiano. Li odio con odio implacabile, li considero miei nemici”.

 

Mai si odia con tanto gusto come quando si odia in nome di Dio, perché ci si sente giustificati in questo odio. Ebbene Gesù prende le distanze da tutto questo. «Ma io vi dico: ‘Amate i vostri nemici’»”. Quindi Gesù propone un amore di un livello superiore che non solo non conosce i limiti dell’amore che arriva fino al prossimo, ma li supera. E’ questa la novità esclusiva di Gesù, è un amore che arriva a inglobare anche il nemico.

E per ‘amare’ Gesù non ha scelto il verbo greco fileo, da cui filosofia, filantropia, una more di benevolenza che riceve qualcosa in cambio, ma il verbo agapao, da cui la parola agape che tutti conosciamo, che significa un amore che è indipendente dalla qualità di colui che lo riceve, è indipendente dalla risposta dell’altro.

Quindi di un amore che non guarda i meriti della persona che viene amata, un amore che si genera per il bisogno dell’altro, non per la risposta che se ne può avere.

«’E pregate per quelli che vi perseguitano’»”, quindi è chiaro che per nemico si intende quello che perseguita la comunità cristiana. Ebbene Gesù chiede di fare un passo in avanti, questo amore non diventa reale finché non si trasforma in amore per quelli che lo perseguitano. Se c’è questo accade qualcosa che trasforma l’esistenza del credente, «Affinché siate figli del Padre vostro»”.

Essere figlio in quella cultura significa colui che assomiglia al padre nel comportamento. Allora, se chi ama il nemico e prega per il nemico assomiglia al Padre, si vede che questa è la qualità d’amore di Dio, un amore di Dio che arriva a tutti quanti, anche a quelli che sono considerati i suoi nemici.

E poi Gesù dà un’immagine di cosa significa questo amore, «Egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni»”, è un’offerta di vita che è rivolta a tutti. Il Dio di Gesù non è buono, è esclusivamente buono, lui non guarda i meriti delle persone, ma guarda i loro bisogni. Non è il Dio che premia i giusti e castiga i malvagi, ma a tutti, giusti e malvagi, offre il suo amore.

E poi Gesù fa un altro esempio, «E fa piovere sui giusti e sugli ingiusti»”. Quindi questi esempi, che sono comprensibili a tutti, il sole e la pioggia, vogliono dire che l’amore di Dio è un amore dal quale nessuna persona si può sentire esclusa. Gesù non discrimina tra meritevoli e no, tra puri e impuri, ma il suo amore si rivolge a tutti quanti.

E poi Gesù dice: “Se amate e salutate”, e prende le categorie ritenute più lontane da Dio, i pubblicani, quelli che erano impuri fino all’essenza stessa della persona e i pagani, quelli che avevano altre divinità.

“Se amate e salutate quelli che vi amano e vi salutano che fate di più? Siete come quelli che sono impuri profondamente e quelli che sono senza Dio, i pagani”.

 

Ed ecco l’invito finale di Gesù: «Voi dunque siate perfetti …»”, che significa essere pieni, completi«come è perfetto il Padre vostro celeste»”. Ecco, dopo tutto questo, allora capiamo bene cosa significa questo invito alla perfezione. Significa essere buoni fino in fondo. E questa non è una virtù, un eroismo straordinario possibile soltanto ad alcuni, ma essere buoni fino in fondo è dentro le capacità e le possibilità di ogni persona.

Quando si realizza questo la vita del credente si intreccia con quella di Dio e diventa una sola cosa; l’uomo permette a Dio di essergli Padre e sperimenta la sua presenza intima, profonda, in ogni avvenimento della propria esistenza e della propria vita.