29/07/2018

X DOMENICA DOPO PENTECOSTE – Mostrati a noi, Signore, nella tua santa dimora

Anno B – Rito Ambrosiano

COMMENTO ALLE LETTURE di   DON ANGELO CASATI

PRIMA LETTURA  : 1 RE 7,51-8,14  -SALMO     29 (28) -EPISTOLA  2 COR 6,14-7,1 -VANGELO   Mt  21, 12-16

Un filo rosso attraversa le letture di questa domenica: l’immagine del tempio: quello costruito da Salomone, in cui viene introdotta l’Arca dell’alleanza; il tempio di Gerusalemme in cui entra con un gesto profetico Gesù; il tempio che siamo noi cui allude Paolo nella lettera ai cristiani di Corinto.

Comincerei dal gesto sorprendente, oserei dire violento, rivoluzionario di Gesù.

Facendo notare che non  era un giorno qualsiasi quello: il gesto veniva subito dopo il suo inusuale ingresso, che aveva lasciato turbamento in città. Come avrebbero reagito le autorità a quel grido per le strade, grido che acclamava il profeta di Nazaret?

Ed ecco che lui entra nel tempio e scaccia quelli che nel tempio vendevano e compravano, e non basta, rovescia tavoli dei cambiavalute e sedie dei venditori di colombe.

Il mercato era entrato nel tempio. Tutto diventa mercato, le cose più sacre invase dal mercato. Lasciatemi dire, l’onnipotenza del mercato.

C’è da riflettere, non ho competenze, ma non è forse vero che oggi qualcuno comincia a chiedersi se ci si debba piegare acriticamente alla onnipotenza dei mercati? E forse ci sarebbe da chiedersi anche se non sia sempre in agguato anche una contaminazione della religione per politiche di scambi: di favori, di onori, di interessi.

Siamo totalmente fuori da questa logica? Puri da questi conati di mercanteggiamento?

E Gesù sorprende, qui assume un atteggiamento a dir poco forte. E lo motiva: “La casa chiamata casa di preghiera” dice “l’avete mutata in un covo di ladri!”. Il tempio che senso ha, se non quello di alludere a Dio, di favorire l’incontro con un Dio, che non compriamo, certo, con il nostro denaro? Ove sta lo specifico del tempio, se anche all’interno dello spazio del sacro valgono le regole che già imperversano e violentano la società, l’umanità.

Ma ci sono altre suggestioni, a mio avviso, da raccogliere dal vangelo: Gesù compie quel gesto perché fedele allo “sta scritto”. Che cosa sta scritto?  “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”.

Ma l’evangelista Marco nella citazione aggiunge “casa di preghiera per tutte le nazioni”. Che cosa era accaduto?

Che venditori e cambiavalute avevano occupato abusivamente l’atrio dei pagani, uno spazio del tempio, separato da quello per i giudei, che era stato immaginato per coloro che non erano israeliti, uno spazio in cui potevano avvicinarsi i cercatori di Dio.

Pensate la bellezza di questa intuizione! Pensate la modernità e l’attualità di questo invito di Dio: creare spazi per la preghiera di tutti. Chissà se  l’abbiamo, come cristiani, nel dna questo desiderio. O se ci fa problema creare spazi per la preghiera di tutti, mentre ci fa meno problema  che ci sia mercato.

I cristiani, se lettori del vangelo, dovremmo trovarli tra quelli che portano dentro questo anelito  a creare spazi di preghiera per tutti.

Ma, vedete, quel giorno Gesù fece un altro gesto dirompente sul quale poco ci si sofferma.

E’ scritto: “Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì”. Normale diremmo, normale per Gesù. Non molto normale per il luogo, un altro gesto rivoluzionario.

Perché? Perché, pensate, nel libro del Levitico, tra le norme del tempio stava scritto: “nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né il cieco, né lo zoppo, né chi ha una deformità per difetto o per eccesso”.

Gesù, violando palesemente la norma, viene ad insegnare ai discepoli di tutti i tempi, che a sconsacrare il tempio non è l’attenzione alla vita di coloro che sono messi ai margini.

Mi diceva tempo fa una suora che lavora nel quartiere Sanità a Napoli che vede insofferenza quando a Messa ci va con i più svantaggiati, dicono che puzzano.

Non è questo che sconsacra, anzi per Gesù questo riconsacra il tempio da tutte le nostre sconsacrazioni per mercato, perchè dà spazio alla vera immagine di Dio.

Difensore, dice la Bibbia, dei poveri, degli orfani, delle vedove. E ci viene in soccorso Paolo che nella lettera ai Corinti, ci ricorda che poi, alla fin fine, il tempio più vero, il tempio della presenza, siamo noi: “Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente”.

Non sempre ci fermiamo a pensare che siamo abitati da Dio e che dobbiamo guardarci da una mentalità che ci sconsacra, una mentalità che fa a pugni con Gesù e il suo vangelo.

Vorrei concludere sostando brevemente su due stranezze, che forse avete notato nel brano del primo libo di Re.

La prima, il particolare delle stanghe dell’arca dell’alleanza che sporgevano dal sacrario. Ma come costruiscono un sacrario e le stanghe sporgono! Non era stato un errore in costruzione.

No, a memoria! A memoria dovevano sporgere. E’ un particolare bellissimo. L’arca era stata per loro segno di un Dio del loro cammino, il Dio dei cammini!

E dunque un  monito contro l’immobilità, contro ogni religione diventata monumento. Fredda, gelida, impassibile

E dunque i credenti non mummie, ma riconosciuti come nomadi e pellegrini, gente di cammini.

Ultima stranezza. Come uscirono i sacerdoti dal tempio, la nube riempì il tempio del Signore.

Voi mi capite, il luogo appartiene a Dio, non contano loro, conta lui. Ritiratevi, date posto. ”Non spadroneggiate” dirà Pietro nella sua lettera.

Guardate che sottesa c’è la condanna di ogni manifesto o subdolo clericalismo.

Alla memoria mi ritornano le parole di Padre Giulio Bevilacqua, poi cardinale, che in   una sua omelia nel giorno della Prima Messa di un giovane confratello, gli diceva:

“Ama questa generazione che ti domanda molto. Le generazioni che non domandavano niente al sacerdote hanno fabbricato quell’obbrobrio che si chiama clericalismo, che è tutto fuorché qualche cosa di religioso, perché è il ricatto, è il profitto sulla religione.

Benedici questa generazione e spera che diventi sempre più anticlericale. E voglio dire con questa parola, che veda in noi non dei dominatori della vita, ma i servitori della vita.

Che veda le nostre mani vuote e pure dal più grande obbrobrio della vita che è il denaro.

Questo domandano soprattutto a noi il Concilio e questa generazione.

Per cui benedici anche la severità che ha questa generazione con noi, perché questa generazione ci dà la possibilità di restare sacerdoti, cioè ministri della Parola e del Sangue.”

 

 

Per la riflessione

Forse le chiese vanno riconsacrate. Come?

Forse vanno purificate da fenomeni persistenti di  mercato e di clericalismo. Dove li intravediamo?